La ripresa sarà trainata dalla continuità del capitalismo globalizzato

 

Di Carlo Pelanda (9-12-2008)

 

 

Quale modello emergerà nel mondo dopo la crisi? Il medesimo capitalismo globalizzato che c’era prima. Come avverrà la ripresa? Attraverso una nuova bolla generata nel mercato statunitense, pur travestita da “New Deal” obamiano,  come negli ultimi due decenni di economia finanziarizzata. Ma la definanziarizzazione in corso? Verrà invertita. La probabilità di tale scenario continuista è molto più alta di quello discontinuista profetizzato/invocato da Merkel, Sarkozy, Tremonti, ecc., cioè di fine catastrofica del capitalismo anglofono e sua sostituzione con il postcapitalismo statocentrico. Ciò non vuol dire che l’impatto della recessione sarà lieve, anzi. Significa che il mondo “non euro” ricostruirà comunque il capitalismo mercatocentrico. Per questo la ripresa ci sarà. Spiego.

La forma del mercato è determinata dal potere politico. Quella liberista è stata imposta al mondo dall’impero britannico, prima, e da quello americano dopo. Ora il secondo è cedente, ma i poteri emergenti, Cina in particolare, possono finanziare il loro sviluppo solo via esportazioni pompate dal turbocapitalismo liberista dell’America. Non hanno modelli alternativi. Nemmeno l’America li ha. Per questo Cina e America convergeranno imponendo la continuità del modello precedente. Ma come farà l’America, colpita gravemente da crisi multiple, a ricrescere rapidamente? Le sbolle precedenti insegnano non che bisogna evitare bolle, motori inevitabili di crescita, ma che dovrebbero essere multiple e non singole per allungare e consolidare i cicli espansivi. Questa è una priorità per i fondi che altrimenti non pagheranno le pensioni. Infatti saranno loro a pompare in Borsa le nuove bolle. Quali? L’annunciato megaprogramma infrastrutturale sarà seguito da altri nei settori energetico e tecnologico, tra cui la genetica. La crisi sta attutendo, pragmatizzandolo, il dissenso contro nucleare e biotecnologie. Implosione dei petroliferi con rischio di guerre? Improbabile perchè la sostituzione dell’economia basata sul petrolio durerà comunque 150 anni. L’America in cointeressenza con l’Asia vorrà, perché deve, ricostruire la capacità della finanza di fare operazioni a leva, di hedging e supersintetiche, perché solo così il capitale potrà tornare abbondante. Le nuove regole globali serviranno a stimolare la propensione al rischio e non a ridurla. Potrà l’impatto recessivo, il cui picco è previsto nel primo trimestre 2009, modificare questo scenario? Potrà tardarlo, ma non invertirlo, nel mondo. L’eurozona? Statalista e rigida rischia, oltre alla periferizzazione sul piano mondiale, l’impoverimento più nella ripresa che nella crisi.    

Carlo Pelanda